Euribor manipolato: la vicenda infinita

Con l’ordinanza interlocutoria n. 19900 del 24 luglio scorso, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha trasmesso alla Prima Presidente una serie di atti affinché ne valuti l’assegnazione alle Sezioni Unite relativamente a diverse questioni concernenti la validità delle clausole di determinazione degli interessi a fronte dell’accertata manipolazione dell’Euribor, utilizzato quale parametro di determinazione degli stessi.

La decisione del rinvio sorge dal contrasto occorso tra la giurisprudenza della I Sezione e quella della III Sezione.

Cosa aveva sancito la Terza Sezione nel maggio 2024?

Chiamata ad esprimersi sul caso riguardante un mutuo ipotecario, aveva determinato, tra le altre questioni sottoposte alla sua attenzione, che l’accusa di manipolazione dovesse essere dimostrata, affermando quindi il principio che i mutui, interessati dalla vicenda dell’Euribor manipolato, non siano nulli tout court.

Di conseguenza, secondo i giudici della Terza Sezione, chi invoca la nullità della clausola Euribor, deve fornire non solo la prova dell’esistenza di una intesa o di una pratica volta ad alterare il parametro in questione, ma anche il fatto che tale intesa o pratica abbia raggiunto il suo obiettivo e quel parametro sia stato effettivamente alterato.

Tutto ciò si traduce nella necessità, da parte del consumatore ricorrente, di dimostrare in giudizio che la banca fosse a conoscenza dell’esistenza restrittiva della concorrenza al momento della conclusione del contratto, che la stessa fosse o direttamente partecipe di quell’intesa o almeno consapevole della sussistenza di una intesa tra le altre banche per alterare il valore dell’Euribor e che abbia inteso avvalersi di tale risultato.

Per quanto riguarda poi gli interessi dei mutui agganciati ai tassi Euribor, è necessario dimostrare anche che l’alterazione del parametro abbia effettivamente inciso sullo specifico rapporto e in quale misura. In tal caso, afferma la Corte, qualora non sia possibile ricostruire il valore “genuino” del tasso, al netto dell'illegittima alterazione, le conseguenze andranno valutate caso per caso secondo i principi generali dell'ordinamento.

La Prima Sezione invece, lo scorso 24 luglio, ha sollevato alcune perplessità.

In primo luogo, per ciò che concerne il mercato di riferimento, ha affermato che l’intesa restrittiva dovesse essere orientata alla riduzione dei flussi di cassa che i partecipanti avrebbero dovuto pagare sugli strumenti derivati sui tassi di interesse e ha, dunque, riguardato un mercato diverso da quello dei mutui a tasso variabile, richiamati dalle precedenti pronunce della Terza Sezione.

Di conseguenza, tali contratti non possono considerarsi “a valle” rispetto all’intesa illecita, nemmeno nell’ipotesi in cui il mutuante sia estraneo all’intesa anticoncorrenziale, non essendone lo sbocco, né risultando essenziali per attuarne gli effetti.

Gli stessi, dunque, non costituiscono per la Prima Sezione il mezzo di violazione della normativa antitrust.

In secondo luogo, la Prima Sezione sostiene che una indiscriminata estensione del principio a tutti i contratti “a valle” di intese restrittive della concorrenza, secondo una precedente sentenza del 2021 (la n. 41994 del 30 dicembre) potrebbe condurre a conclusioni inefficienti nelle ipotesi in cui tali contratti siano vantaggiosi per il contraente del mercato a valle, esponendo quest’ultimo all’azione di nullità del concorrente pregiudicato dall’intesa illecita.

In terzo luogo, non si potrebbe pervenire alla sanzione della nullità nemmeno per il tramite della disciplina consumeristica, in considerazione del fatto che l’art. 33 del Codice del Consumo colloca al di fuori della presunzione di vessatorietà le pattuizioni concernenti prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista.

Per questi motivi, la Prima Sezione Civile rimette alla Prima Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, le seguenti questioni:

- se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all’indice Euribor costituisca un negozio «a valle» rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione dell’Unione Europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti;

- se la alterazione dell’Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell’oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni. 

Staremo a vedere come proseguirà la vicenda…

A cura di Lorenzo Perlini